venerdì 29 luglio 2016

laTA 35: nave x "Giuseppe Dezza",x "Pilade Bronzetti"

Nave Giuseppe Dezza, x Pilade Bronzetti
Catturata dai tedeschi, viene sottoposta a lunghi lavori di riparazione ed entra in servizio nella Kriegsmarine il 9 Giugno 1944 con la sigla TA35 (Torpedoboot Ausland), sigla usata per contraddistinguere le torpediniere requisite di nazionalità straniera. Viene, quindi, assegnata alle operazioni di scorta lungo la costa dalmata; solo altre due torpediniere ex italiane si trovarono ad operare alla fine del 1943 in alto Adriatico: la TA21 (ex Insidioso) e la TA22 (ex Missori). Il 15 aprile del 1944 si trova a Trieste presso i Cantieri Riuniti dell'Adriatico per lavori e dopo pochi mesi viene riconsegnata alla II Flottiglia Navi Scorta, di base a Fiume.

La sua attività nella Kriegsmarine finisce il 17 agosto del 1944, alle 4:58, quando viene spezzata in due dall'urto contro una mina nel Canale di Fasana, tra Pola e Rovigno,
in Croazia; nell'affondamento morirono 71 uomini di equipaggio. Un piccolo mistero segna la storia di questa torpediniera: alcune fonti, infatti, sostenevano che la nave, dopo l'affondamento in acque croate, fosse stata recuperata e portata a Trieste per riparazioni presso il cantiere San Marco, dove fu affondata durante un bombardamento aereo e demolita poi alla fine della guerra. Un'altra versione la dà affondata nel canale di Fasana, confermato anche da quanto riportato negli archivi della Kriegsmarine, considerati atti validissimi fino alla fine del 1944, dove le coordinate di affondamento della TA35 ricadono proprio nel canale croato.

E proprio lì si trova il relitto della TA35, identificata da alcuni subacquei grazie al rinvenimento a poppa, sotto una spessa copertura d'incrostazioni biologiche, del secondo nome della nave "DEZZA". Il relitto è adagiato sul fondo del mare ad una profondità di circa 35 m su un fondale sabbioso fangoso. Risulta spezzato in due tronconi distanti tra loro circa 200 metri; il
troncone di prua è rovesciato su un fianco mentre quello di poppa giace in assetto di navigazione. Qui, il cannone di poppa svetta ancora puntato verso l'alto ed è la prima cosa che i subacquei vedono quando scendono su questo storico relitto
http://www.gravitazero.org/history/dezza/dezza_5.htm

Nave TA 35 x  Giuseppe Dezza http://www.rovinj-sub.hr/wrecks-boats-croatia/giuseppe-dezza


Pilade Bronzetti BR - Giuseppe Dezza DZ
Il cambio di nominativo fu reso necessario in seguito all'ammutinamento dell'equipaggio, 
incorso durante la presa di Fiume da parte di Gabriele D'Annunzio.

UsernameRegistrato Capt. Haddock
ArmatoreRegia Marina Militare
Ship managerclasse "Pilo"
Numero IMOBR - dal 1921 Dezza DZ
Classificazionecacciatorpediniere; dal 1929 torpediniera
Cantiere e anno di costruzione
Data
1917



giovedì 21 luglio 2016

Il nocchiere fuori rotta: La leggenda del “Feuerspeier” (Buttafuoco)

Il nocchiere fuori rotta: La leggenda del “Feuerspeier” (Buttafuoco): la cannoniera“Erzherzog Albrecht” La leggenda del “Feuerspeier” (Buttafuoco) di Mario Veronesi “Si racconta che durante la II Guerra...

Il nocchiere fuori rotta: La tragedia del “Pamir"

Il nocchiere fuori rotta: La tragedia del “Pamir": Il “Pamir”, veliero a quattro alberi con scafo in acciaio dalla stazza lorda di 3.020 t. e netta di 2700 t., faceva parte di u...

La tragedia del “Pamir"

Il “Pamir”, veliero a quattro alberi con scafo in acciaio dalla stazza lorda di 3.020 t. e netta di 2700 t., faceva parte di una serie di navi dello stesso tipo costruiti dal cantiere navale “Blohm & Voss” di Amburgo, nel periodo 1903-1923, per conto della compagnia di navigazione tedesca “Ferdinand Laeisz Rhederei” della stessa città. La “Laeisz“ in quel tempo era specializzata nel trasporto dei nitrati dal Cile e le sue navi, capaci e robuste, adatte al passaggio di Capo Horn, avevano raggiunto un’eccellente reputazione. Nel 1955 il “Pamir” e il “Passat” vennero rilevati da un consorzio di armatori tedeschi che, con il contributo dello Stato, costituirono la fondazione no-profit “Pamir und Passat” alla funzione commerciale veniva abbinata l’istruzione velica dei futuri ufficiali della marina mercantile; la direzione fu affidata alla “Zerssen & Co.” di Lubecca. Il “Pamir” e il “Passat” dal 1955 al 1957 effettuarono diversi viaggi in Sud America avendo sempre a bordo giovani allievi desiderosi di intraprendere una carriera nella marina mercantile. Il 1° giugno 1957, uscito dal cantiere “Blohm & Voss” per l’ennesima revisione, il “Pamir” lasciava Amburgo in zavorra per raggiungere
Buenos Aires nel mese di luglio. A bordo aveva cinquantadue allievi (di età tra i 16 e i 18 anni) e trentaquattro uomini d’equipaggio, compreso il capitano e gli ufficiali, per un totale di ottantasei uomini. A causa di una malattia il comandante del “Pamir” (il Capitano Hermann Eggers) fu rilevato per il viaggio dal Capitano Johannes Diebitsch che aveva un’esperienza limitata a velieri di dimensioni modeste. Anche il primo ufficiale Rolf Koehler, già imbarcato come secondo ufficiale nei due precedenti viaggi, aveva una modesta conoscenza professionale. Erano anni in cui era difficile formare un equipaggio pratico nella conduzione di una nave a vela delle dimensioni del “Pamir”, la guerra aveva lasciato dei grandi vuoti nel personale navigante di ogni ordine e grado. A Buenos Aires il “Pamir” caricò 3.525 tonnellate di orzo alla rinfusa e 255 tonnellate in sacchi. I sacchi furono caricati nelle stive sopra l’orzo che era stato immesso anche nelle casse di zavorra per ottimizzare la distribuzione dei pesi. In quei giorni i portuali di Buenos Aires erano in sciopero e il carico del veliero avvenne con il personale di bordo e il supporto di militari.
E' così che il 10 di agosto il veliero iniziò il viaggio di ritorno ad Amburgo, con un carico non stivato secondo la pratica standard, con un comandante nuovo alla nave e con un secondo senza esperienza. Il 20 settembre, a due terzi del percorso e a quaranta giorni da Buenos Aires, il “Pamir” incappò nell’uragano “Carrie” che dalle isole di Capo Verde aveva girato a nord delle Bermuda ed attraversato l’Atlantico verso l’Europa. Durante queste manifestazioni meteorologiche i venti possono superare 130 km/h (12 gradi scala Beaufort) e le onde possono alzarsi ben oltre i 15 metri di altezza. Da tenere presente che spesso questi uragani investono un bastimento in maniera repentina causando una serie di problemi in rapida successione che diventano ad un certo punto non più gestibili. E’ sicuramente a questo punto che il comandante Diebitsch diede l’ordine al marconista di lanciare
messaggi di richiesta d’aiuto.
La nave, per lo spostamento del carico, le vele a brandelli (non erano riusciti a serrarle, viste le circostanze) non era governabile, non poteva cioè minimizzare i danni provocati dalle ondate che la investivano con opportune accostate. Tutte queste circostanze, producevano uno stress all’alberatura non più sopportabile, dopo il prolungato tempo al quale era stata sottoposta. Le navi per affondare si devono appesantire con l’acqua che penetra nello scafo da qualche falla; e falla ci fu, nella coperta, inclinata e quindi invasa dall’acqua provocata dall’alberetto di trinchetto, venuto giù con tutte le relative manovre, strappate dalla forza del vento. Sorprendentemente la nave era ancora a galla all’alba del 21 settembre. Con il giorno il Comandante ordinò all’equipaggio di prepararsi ad abbandonare il veliero. Lo sbandamento impedì di mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio del lato destro, obbligando ad ammainare solo quelle del lato sinistro. Quando alla fine il “Pamir” si rovesciò affondando di poppa, una ventina di marinai rimasero a lottare in una lancia di salvataggio. Altri si gettarono in acqua e cominciarono a nuotare per salvarsi sulle zattere; solo una decina riuscirono a raggiungere una lancia rimasta a galla in virtù delle casse d’aria

di cui era fornita. A questo punto incominciava la lotta per la sopravvivenza dei naufraghi. Una grande operazione di ricerca a largo raggio dei naufraghi ebbe inizio coinvolgendo navi e aeroplani di diverse nazioni per una decina giorni. Alla sera del 22 il mercantile americano “Saxon” della Isbrandtsen Lines individuò e soccorse una imbarcazione di salvataggio con cinque uomini a bordo. I superstiti vennero in seguito trasferiti sulla U.S.N.“Geiger” che li sbarcava sabato 28 settembre, giusto una settimana dopo il disastro, a Casablanca e da qui in aereo arrivarono a Francoforte. Il sesto superstite, il marinaio Gunther Hasselbach di 20 anni, venne salvato la sera del 24 settembre dal guardacoste americano “Absecon” che, date le sue condizioni di salute, venne sbarcato a Portorico per cure raggiungendo successivamente Amburgo. La notizia del naufragio fu appresa in Germania dalla radio e dalla stampa, gettando la popolazione in angoscia anche per le notizie contraddittorie sul numero dei marinai che si sarebbero salvati e che in seguito vennero smentite. Purtroppo il Paese aveva già subito in passato la perdita di due navi scuola: la “Niobe” nel 1932 e l’“Admiral Karpfanger” nel 1938 con la scomparsa di tante giovani vite.
http://www.aidmen.it/…/ricorrenze-la-tragedia-del-veliero-s…
Post di Mauro Gastaldo, che ringraziamo! ringrazio anch'io!
Laboratorio di Storia marittima e navale - Università di Genova ha aggiunto una nuova foto all'album: La marina mercantile a vela fra Ottocento e Novecento.

giovedì 7 luglio 2016

La leggenda del “Feuerspeier” (Buttafuoco)

foto di Laboratorio di Storia marittima e navale - Università di Genova.
la cannoniera“Erzherzog Albrecht”

La leggenda del “Feuerspeier” (Buttafuoco)
di Mario Veronesi
“Si racconta che durante la II Guerra d’indipendenza (1859) giunsero a Stradella una quarantina di marinai dell’Imperiale Regia Marina, con il compito di assistere i pontieri nella costruzione e nel traghettamento delle truppe austro-ungariche sul Po. Più che occuparsi dell’acqua, i marinai si sarebbero però occupati di vino, tanto da risultare “dispersi” proprio all’inizio delle operazione belliche. All’inizio si pensò che la loro scomparsa fosse causata da uno scontro a fuoco con i piemontesi, o con i contrabbandieri numerosi in quella zona di confine. Pertanto lo Stato Maggiore austro-ungarico decise di iniziare le ricerche degli scomparsi, inviando reparti di Ussari a cavallo nei dintorni di Stradella. Infatti furono ritrovati sani, ma completamente ubriachi in una cantina dalle parti di Canneto-Castana, sulle cui botti era scritto; “vino Buttafuoco” che gli austriaci tradussero: “Feuerspeier”. Nel 1872 la Marina Imperiale varò la cannoniera “Erzherzog Albrecht” che dopo trent’anni di attività e ormai superata il 31 marzo 1908 venne radiata e, si racconta che in ricordo di quell’ottimo vino fu ribattezzata “Feuerspeier”, e registrata come pontone da utilizzare come alloggio per gli Allievi della Scuola di Artiglieria di Pola. Nel 1916 con l’incremento della Flotta Sommergibili venne adattato ad Acquartieramento Sommergibilisti dei numerosi U-Boote tedeschi operanti in Adriatico. Nel 1920 venne consegnato all’Italia che lo portò a Taranto e le diede il nome di “Regia Nave Buttafuoco”, continuando ad utilizzarlo come nave-caserma per alloggiamenti equipaggi sommergibili del IV Gruppo. In seguito le venne dato la sigla GM64. Nel 1947 era ancora nell’arsenale di Taranto, dove venne infine demolito nel 1955, dopo ben 83 anni dal varo.”
Nota: riferendosi al 1859 sarebbe più esatto parlare di Österreichische Kriegsmarine ("Marina da guerra austriaca") e non di k.u.k. Kriegsmarine (Imperiale e regia marina) nome assunto nel 1867 per effetto dell'Ausgleich
(compromesso) tra l'Impero d'Austria e il Regno d'Ungheria. Per il periodo dal 1797 al 1849 la dicitura esatta é österreichische-venezianische Kriegsmarine ("Marina da guerra austro-veneziana"). Per quanto riguarda l'esercito fino al 1889 le forze armate portavano il titolo di "k.k." (kaiserlich österreichisch, königlich böhmisch, "imperiale austriaco, reale boemo"), non corretto dopo il compromesso del 1867. Solo per espresso volere del Regno d'Ungheria venne introdotta in quell'anno la designazione "k.u.k." (kaiserlich und königlich, imperiale e regio), per chiarire la distinzione tra la nuova k.k. Landwehr austriaca e la nuova k.u. Honvéd.
La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” comprende la fascia vitivinicola collinare dell’Oltrepò Pavese per i territori a sud della via Emilia dei seguenti comuni in provincia di Pavia: Stradella, Broni, Canneto Pavese, Montescano, Castana, Cigognola, Pietra de’ Giorgi.
Il vino “Buttafuoco dell’Oltrepò Pavese” o “Buttafuoco” deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
- Barbera: dal 25% al 65%;
- Croatina: dal 25% al 65%;
- Uva rara, Ughetta (Vespolina), congiuntamente o disgiuntamente: fino a un massimo del 45%.
Fonte: http://www.lavocedelmarinaio.com/…/la-leggenda-del-feuersp…/
Post di Mauro Gastaldo, che ringraziamo!
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