martedì 18 ottobre 2016

Regio SMG " Angelo Emo "di C.D'Adamo



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Il Regio sommergibile ‘Angelo EMO’ era uno degli undici battelli della classe Marconi. Il sommergibile fu impostato nei cantieri della C.R.D.A. di Monfalcone il 2 febbraio, 1937, varato il 29 giugno 1938 e consegnato alla Marina il 10 ottobre dello stesso anno. Dopo un breve periodo di addestramento e prove a mare, il battello fu assegnato al 22° squadrone del 2°Gruppo Sommergibili di base a Napoli così come il Barbarigo, Morosini, Marconi e Da Vinci. All’EMO, che andrà perduto nel 1942, saranno accreditati due affondamenti per un totale di 10.958 t. Completò venti missioni, incluse sei di guerra e una di trasporto per l’Africa Settentrionale e varie missioni di addestramento e trasferimento. Mentre era assegnato alla Scuola Sommergibilisti di Pola, il battello completò ben ventiquattro uscite d’addestramento.
Nel Luglio del 1940, poche settimane dopo la dichiarazione di guerra, il Comando Sommergibili organizzò una linea continua d’avvistamento a levante dello Stretto di Gibilterra. La zona in questione fu pattugliata da un totale di undici sommergibili divisi in tre gruppi. L’EMO, con il Marcello, Barbarico e Dandolo fu assegnato al primo gruppo. La missione cominciò il 1°di luglio e durò circa due settimane. L’EMO e il 
Marconi furono assegnati al settore più a ponente (B); l’EMO pattugliò la zona a meridione del meridiano di Alboran (tra il Marocco e la costa spagnola) mentre il Marconi fu assegna a quella settentrionale e più vicino alla costa iberica.
Il 6 luglio, alle 14.50, dal battello in immersione si avvistò una grande forza navale a circa 12.000 metri che includeva una portaerei, due navi da battaglia e varie cacciatorpediniere che procedevano verso ponente. Portatosi in posizione d’attacco, il comandante dovette desistere a causa del repentino cambiamento di direzione di quella che si presuma fosse una formazione britannica. Completata la missione, L’EMO rientrò a Napoli.
Alla fine della missione, il battello ricevette ordini di trasferimento a quella che sarebbe diventata BETASOM, la base sommergibili italiani di Bordeaux, in Francia. Lasciata Napoli il 27 agosto 1940, portò a termine una perlustrazione in Atlantico. Qui, il 9 settembre in posizione 41º 27N, 21º 50W, l‘EMO avvistò il piroscafo britannico Saint Agnes (5.199 t.), una nave distaccatasi dal convoglio SLS.46 che era partito da Freetown sotto scorta dell’incrociatore armato Dunnottar Caste. Tutti i sessantaquattro membri dell’equipaggio britannico furono salvati. Il Saint Agnes, costruito nel 1918 e in precedenza conosciuto come il War Briton (1919), Titan (1925) e Cape St. Agnes (1937) apparteneva alla Saint Line LTD e fu prima silurato e poi finito con il cannone. Completata la missione, l’EMO raggiunse Bordeaux il 3 ottobre 1940.
Dopo una breve sosta l’EMO fu nuovamente a mare con partenza il 31 ottobre. Pochi giorni dopo, il 2 e 3 novembre, in condizioni metereologiche pessime, la vedetta sottocapo Giuseppe De Giobbi fu trascinata a mare ed il comandante, T.V. Carlo Liannazza seriamente ferito. Nonostante le lunghe ricerche, il sottocapo non fu mai trovato. Impossibilitato a continuare la missione, l’EMO fece ritorno alla base raggiungendola il 6. Poco dopo, il T.V. Carlo Liannazza fu trasferito sul Cagni ed il T.V. Giuseppe Roselli Lorenzini (che eventualmente diventerà Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1970 al 1973) assunse il comando.
Il 5 dicembre, l’EMO partì per un’altra missione raggiungendo le coste occidentali della Scozia il 14 dello stesso mese e rimando in zona fino al 26. Il quel settore, l’equipaggio avvistò e successivamente attaccò una petroliera di circa 3-4.000 t. mancando il bersaglio a causa delle pessime condizioni metereologi che. Il ventisei l’equipaggio avvistò un cacciatorpediniere che non potette essere attaccato. Completata la missione, l’EMO raggiunse Bordeaux il 1° gennaio 1941 dove rimase per un lungo periodo di lavori.
Il 3 marzo l’EMO fu nuovamente in missione, questa volta ad occidente dell’Irlanda. Il battello era parte del gruppo “Velella” che includeva il Velella, Argo, Mocenigo e Veniero. Le unità furono assegnate in una zona che si estendeva dal 59°30’N e il 53°N e tra il 13°W ed il 25°W. Ancora una volta, agli U-boot tedeschi fu assegnata una zona più vicina all’Irlanda e la Scozia mentre ai sommergibili italiani, più grandi di stazza, fu assegnata una zona di pattugliamento più lontana. Il 9 marzo, mentre in rotta per intercettare un convoglio in precedenza avvistato da aerei tedeschi, l’EMO fu attaccato da un apparecchio britannico che lanciò due bombe mentre il battello era a circa 20 metri di profondità. Con i timoni di profondità bloccati, il battello prima venne in superficie e poi sprofondò fino a 110 metri. Più tardi, l’EMO comincio a seguire il
convoglio anche se dovette interrompere a causa della presenza di caccia nemica. Il quattordici, nel primo pomeriggio, costanza fu premiata quando l’EMO attaccò il piroscafo britannico (in verità americano e gestito dal Ministero della Guerra Trasporti) Wester Chief (5.759 t.) affondandolo alle 13.07 (il resoconto italiano indica la tarda notte). La nave, che trasportava 7.000 t. di acciaio, era rimasta isola dal convoglio SC 24 che aveva lasciato Halifax (Canada) il 28 febbraio e che doveva arrivare a Liverpool il 19 marzo. Dei 43 uomini dell’equipaggio, 22 perirono.
Il diciotto, l'EMO avvistò la Clan Maciver di 4.500 t. che tentò di speronare il battello e poi colpirlo con il cannone, ma il sommergibile evitò il pericolo cercando rifugio negli abissi, malgrado le due unità fossero a poca distanza uno dall’altro. Il diciannove, completata la missione, l’EMO era nuovamente a Bordeaux per l’usuale periodo di lavori.
Il 5 maggio, il sommergibile lasciò la base per una nuova missione. Dopo il cambio generale di zona d’operazioni dall’atlantico settentrionale a quello centrale, l’EMO fu assegnato ad una zona di perlustrazione ad occidente di Gibilterra dal 22 dello stesso mese al 6 giugno. Allo stesso tempo, altri sommergibili italiani erano stazionati in zona, inclusi il Da Vinci, Baracca, Malaspina, Cappellini, Torelli, Bianchi, Bagnolini e il Barbarigo. Lqa mattina del 7, l’EMO attaccò due navi lanciando due siluri ad una distanza di circa 1500 metri credendo di aver centrato il bersagli, ma non ci sono conferme di questi affondamenti. Le due navi furono stimate a 1900 t la prima e 3000 t la seconda. Dopo l’attacco, il battello fu fatto oggetto di caccia da parte dell;’unità di scorta e che durò varie ore, ma eventualmente rientro alla base il 20 giugno.

L' avventurosa entrata in guerra dell’Italia a fianco dei tedeschi cominciò ad avere i suoi effetti catastrofici e, agli inizi del 1941, la situazione nel Mediterraneo era quasi disperata. Il Comando Supremo, a seguito dell'intervento personale di Benito Mussolini informò i tedeschi che la base in Bordeaux sarebbe chiusa e tutti battelli sarebbero ritornati in Italia. Discussioni ebbero luogo a livelli molto alti ed eventualmente Dönitz fu in grado di convincere gli italiani a mantenere la loro presenza facendo ritornare in Mediterraneo un numero di sommergibili più piccolo. Uno dei battelli selezionati per il ritorno in patria fu l’EMO.
L’EMO lasciò La Pallice il 20 agosto subito dopo il Brin. Completata una perlustrazione a largo di Gibilterra, raggiunse Napoli il 1 settembre avendo attraversato lo Sterro di Gibilterra prima in superficie e poi in immersione. Dalla base Partenopea il battello fu trasferito alla Scuola Sommergibilisti di Pola dove l’EMO completò 24 uscite di addestramento fino alla fine dell’anno. Tra l’8 e il 9 novembre, il battello fu richiamato in servizio con il Mameli per attività antisommergibile in supporto di un importante trasferimento di naviglio da Trieste a Venezia.
In seguito, il battello fu trasferito nuovamente a Taranto in cui arrivò il 16 dicembre
1941. Da Taranto, l’EMO cominciò una nuova vita operativa come sommergibile da trasporto per il trasporto di materiale di guerra agli eserciti che stavano lottano in Africa Settentrionale. Il 20 dicembre, l’EMO trasportò 20 t. di combustibile per l’aeronautica, 32 t. di derrate alimentari e 15 t. di munizioni a Bardia dove arrivò il 25. Rimandato a Suda per un nuovo carico, al ritorno Africa non potrebbe entrare nel piccolo porto a causa del fuoco di artiglieria nemico che, nel frattempo, avevano sopraffatto la fortezza italiana. Sia il capitano sia il timoniere Campisi rimasero feriti a causa dell'azione. Dopo che la missione fu abortita, l’EMO fu rinviato a Suda e da là a Taranto da cui fu riassegnato a Cagliari.
Dalla base sarda, completò parecchi pattugliamenti. Dal 17 aprile al 3 maggio al largo di Capo Caxine. Dal 13 maggio al 18 giugno al largo del litorale algerino e dal 23 giugno al 16 luglio a sud di Ibiza. Nessun delle missioni ebbero risultati positivi. Alla fine dell’ultima missione, Il comandante Roselli Lorenzini fu trasferito sul R. Smg. Cagni, mentre il T.V. Giuseppe Franco assunse il comando. Dall'11 agosto al 17, all’EMO fu assegnata una zona di perlustrazione a largo di Galite. Durante questa missione, il 12, il battello attaccò una nave da guerra con 4 siluri rilevando esplosioni (dopo 1min 47sec, 2min 20 sec e 2min e 30sec). Subito dopo, fu fatto oggetto di un’una intensa caccia. Non ci sono riscontri di questo successo in quella zona ed in quella data, ma è stato accertato di che l'unità attaccata era stato il cacciatorpediniere britannico H.M.S. Tartar.
Dal 18 al 29 ottobre, l’EMO fu nuovamente in missione a largo del litorale algerino. Con lo sbarco alleato in Africa settentrionale in piena esecuzione, l’EMO fu gettato nella mischia. Il 7 novembre l’EMO lasciò Cagliari per la sua ultima missione. L’undici, intorno alle 13:00, a largo di Algeri, fu attaccato e colpito dal H.M.S. Lord Nuffield (FY 221), una unità anti sommergibile, in posizione 36̊̊̊ 50 - N, 02̊ 50 E. Il comandante portò il battello in superficie e cominciò il combattimento al cannone. Con entrambi i motori diesel fuori servizio, fu dato l’ordine di affondare. Quattordici membri dell’equipaggio perirono nell'azione, tra loro il guardiamarina Mario Giacchelli, mentre gli altri furono salvati e fati prigionieri dal nemico.
L’EMO, costruito per la `guerre de course' negli oceani operò bene in quelle circostanze, ma era inadatto alle missioni da trasporto o ai pattugliamenti nelle poco profonde acque del Mediterraneo in cui gli obiettivi erano pochi e i pericoli molti
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R SMG EMO
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Enrico Manfredi Luserne d'Angrogne 
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